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Immagine del redattoreSilvia Mannella

Morte

Ci vuole coraggio per affrontare il tema e per formulare le proprie credenze su tale argomento. La morte è il solo avvenimento che possiamo predire con assoluta certezza, eppure è l'avvenimento a cui ci si rifiuta di pensare, fino a quando non lo si debba affrontare. Essa può essere affrontata associando un sentimento di autocommiserazione, preoccupandosi di ciò che si deve lasciare, da ciò che ha fine con la propria morte e dall'abbandono di tutto ciò che è stato ammassato nel corso della propria esistenza; oppure la si affronta con coraggio, comportandosi nel migliore dei modi visto che non vi è mezzo per sfuggirvi guardandola in faccia con atteggiamento nobile, perchè altro non si può fare. L'orgoglio aiuta ad affrontare la circostanza. Oppure si può rifiutare categoricamente di considerare la possibilità di morire così da essere sopresi quando questo evento arriva .Ma la morte può essere di più di tutto questo? ed essere accolta in modo differente?

Le si può assegnare un posto preciso nel nostro pensiero e nella nostra vita? possiamo prepararci ad essa come ad una cosa inevitabile oppure semplicemente portatrice di trasformazione. In tal modo facciamo del processo della morte parte integrante del piano della nostra vita.

Noi possiamo vivere con la coscienza dell'immortalità e ciò aggiungerà colore e bellezza alla nostra vita; possiamo alimentare la coscienza del nostro futuro trapasso e vivere nell'attesa del suo prodigio.

La morte così prospettata è considerata come il preludio di una nuova esperienza vivente assume un significato diverso. Viviamo nel vivere quotidiano piccole morti ne siamo consapevoli? il sonno per esempio ! Già non si scorge il nesso tra sonno e morte. Ma questa dopo tutto, non è che un interludio maggiore fra due operazioni fisiche: si è "via" per un periodo più lungo. La morte ci porta alla liberazione, forse temporanea sebbene alla fine permanente, dalla natura del corpo, dall'esistenza sul piano fisico e dalla sua esperienza visibile. Essa ci libera dalla limitazione; anche se si crede che la morte non è un interludio in una vita di esperienza costantemente acquisita non si può negare che essa segni una precisa transizione da uno stato di coscienza ad un altro. Religione e scienza useranno dei metodi precisi per dimostrare il che la vita persiste dopo la morte del corpo fisico ed il primo passo per convalidare il fatto dell'anima è stabilirne la sopravvivenza, sebbene ciò non comprovi necessariamente l'immortalità. Che qualcosa sopravviva alla morte e persista dopo la disintegrazione del corpo fisico, è dimostrato di continuo. Se così non fosse, saremmo allora vittime di allucinazione collettiva, e le menti e i cervelli di migliaia di persone sarebbero falsi ed illusi, malati. E' più difficile prestar fede alla possibilità di una tale gigantesca pazzia collettiva che non all'alternativa di una coscienza in fase di espansione. Comunque questo sviluppo fisico non dimostra l'esistenza dell'anima, serve unicamente ad abbattere la posizione materialistica.

Il problema della morte, si annida nell'amore per la vita. che è l'istinto più radicato della natura umana. La scienza riconosce che "nulla si perde, nulla si distrugge", per legge divina; e generalmente si tiene per vera la persistenza eterna. La vittoria sulla morte non dipende dall'eliminazione dei mali del corpo, ma dallo stabilire la continuità di coscienza che porta dal piano fisico della vita all'esistenza soggettiva interiore, ed ancora di sviluppare la continuità di coscienza che apre le porte della vita e scaccia la paura di ciò che è conosciuto e di ciò che scompare. Le nostre idee sulla morte sono errate; la consideriamo come qualcosa di triste e di pauroso, mentre in realtà essa è la grande liberatrice, che ci permette di entrare in una sfera di attività più ampia, è la liberazione della vita dal veicolo cristalizzato e da una forma inadeguata.

Questo processo misterioso cui vanno soggette tutte le forme, viene temuto come l'atto finale poichè non lo si comprende, grazie anche alla mente umana ancora poco sviluppata che permette l'adesione alla forma e alla paura dell'ignoto e nello stesso momento allo stato di coscienza dove in un dato momento siamo consci del mondo fisico, e l'istante dopo siamo ritratti in un altro mondo se ci pensiamo. Finchè la coscienza si identifica con la forma, la morte conserva il suo antico potere

" far paura. "Ma quando ci si immedesima con l'anima , e ci si può concentrare a volontà in qualsiasi forma o livello, o in qualsiasi direzione dello spazio divino, la morte scompare.

Per gli esseri umani comunque essa è una fine, poichè interrompe tutti i rapporti umani, termina tutte le attività fisiche, recide tutti i legami affettivi e si viene gettati (nostro malgrado) nell'ignoto che si teme. Come entrare in una notte fredda e tenebrosa, soli e impauriti, sperando il meglio, ma senza certezze.

Ma si dimentica che ogni notte, nel sonno, si muore al corpo fisico per vivere altrove. Si dimentica di sapere già facilmente lasciare il fisico; e poichè non si sa ancora registrare nel cervello la memoria di quel passaggio e del successivo periodo di attività vivente, non si scorge il nesso tra sonno e morte. Ma questa come detto prima, dopo tutto, non è che un interludio tra due operazioni fisiche : si è "via" per un periodo più lungo. In effetti, il processo quotidiano del sonno e quello meno frequente della morte sono identici, con una sola differenza: nel primo, il filo conduttore della forza vitale resta intatto, e costituisce la via per rientrare nel corpo; nel secondo si spezza. Allora l'entità cosciente non si può reinserirsi nel corpo, e questo, mancando il principio di coesione, si disgrega.

La paura della morte si basa:

Sul terrore del processo di separazione insito nella morte stessa.

Sull'orrore per l'ignoto e l'incomprensibile

Sul dubbio circa l'immortalità

Sul dolore di lasciare i propri cari, o di perderli

Su antiche reazioni a morti violente già sperimentate, annidate nel subconscio

Sull'attaccamento alla forma, con cui ci si è identificati

Su vecchi ed erronei insegnamenti di Paradiso e Inferno.

Vari testi sacri parlano della morte dove si entra, semplicemente in una vita più vasta, liberi da ceppi del corpo terreno. Il tanto temuto processo di distacco non esiste, salvo che nel caso della morte violenta e improvvisa, e anche allora ciò che è veramente penoso si riduce a un istante, al senso angoscioso della distruzione o del pericolo incombenti, a qualcosa che molto assomiglia a una scossa elettrica. Nient'altro.

A seconda della propria evoluzione, la morte sarà vissuta diversamente, e ciascuno in qualsiasi momento può operare una concezione nuova, cercando di cogliere la transizione, imparando dall'esperienza che è il dono della saggia età avanzata che cerca di guardare avanti verso questa avventura che prima o poi arriverà e che sappiamo bene nei "nostri" momenti di elevazione che questa transizione significa anche la realizzazione della vita senza alcune limitazioni del piano fisico.



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